84

In un'anticamera del senato canadese, il presidente degli Stati Uniti misurava a passi nervosi il tappeto. Sul suo viso era evidente l'apprensione che lo attanagliava. Alan Mercier e Harrison Moon entrarono e l'osservarono in silenzio.

«Qualche notizia?» chiese il presidente.

«Nessuna», rispose Mercier, scrollando la testa.

Moon sembrava teso e desolato. «L'ammiraglio Sandecker ci ha fatto pervenire un messaggio nel quale esprime il timore che Pitt sia morto annegato nella cava.»

Il presidente si afferrò a una spalla di Mercier, come se avesse voluto ricavarne un po' di forza. «Non avevo il diritto di aspettarmi l'impossibile.»

«La posta in gioco valeva il rischio», disse Mercier.

Il presidente non riusciva a scrollarsi di dosso l'indicibile paura che lo opprimeva. «Tutte le scuse che si accampano per giustificare un fallimento suonano vuote.»

Entrò anche Oates, il segretario di Stato. «Il primo ministro e il governatore generale sono arrivati, signor presidente. E i ministri sono già nell'aula ad aspettare.»

Nello sguardo spento del presidente si leggeva la sconfitta. «Direi che è suonata l'ora, signori, per noi e per gli Stati Uniti.»

La Torre della Pace, alta ottantasette metri, che forma il corpo centrale del palazzo del parlamento, appariva sempre più grande attraverso il parabrezza dell'aereo a decollo verticale mentre s'inclinava in virata verso l'aeroporto di Ottawa.

«Se non restiamo imbottigliati nel traffico aereo, fra cinque minuti atterreremo all'aeroporto», annunciò Jack Westler.

«Niente aeroporto», obiettò Pitt. «Scendiamo giù sullo spiazzo erboso, davanti al parlamento.»

Westler sbarrò gli occhi. «Non posso. Mi toglierebbero il brevetto di pilota.»

«Le faciliterò io la discesa.» Pitt tolse la vecchia Mauser dalla valigetta diplomatica di Richard Essex e ne accostò la bocca all'orecchio del pilota.

«E adesso scenda.»

«Se spara... se mi spara... precipiteremo», balbettò l'altro, esterrefatto.

«E chi ha bisogno di lei?» sogghignò freddamente Pitt. «Ho più ore di volo io di quante ne abbia lei.»

A Westler, bianco in faccia più di un lenzuolo, non rimase altra scelta e iniziò la manovra di atterraggio.

I turisti che affollavano la piazza per fotografare la pittoresca sentinella della polizia canadese a cavallo levarono la testa udendo il rombo dell'apparecchio e poi, accorgendosi che stava per posarsi, fuggirono disperdendosi a raggiera. Pitt lasciò cadere la pistola sul sedile, aprì lo sportello e balzò fuori prima ancora che le ruote avessero toccato il prato. Si cacciò in mezzo alla folla senza lasciare al poliziotto inchiodato dallo sbalordimento il tempo d'intervenire. Davanti alla porta che dava accesso alla Torre della Pace si pigiavano code di spettatori curiosi di scorgere almeno di sfuggita il presidente americano. Pitt si aprì la strada con l'impeto di un ariete, sordo alle urla delle guardie. Esitò un attimo, quando fu nell'atrio, incerto sulla direzione da prendere. Poi l'occhio gli cadde sui cavi che si snodavano a dozzine sul pavimento. Li seguì correndo a rompicollo, perché sapeva che erano collegati alle telecamere che registravano il discorso del presidente.

Era quasi arrivato alla porta dell'aula senatoriale, quando un poliziotto, alto come una roccia, reso ancora più imponente dalla giubba scarlatta dell'alta uniforme, gli sbarrò il passo.

«Ehilà, brav'uomo, fermo dov'è!»

«Mi conduca dal presidente! Presto!» gli ordinò Pitt. Non appena le ebbe pronunciate, capì che le sue parole dovevano suonare assurde.

Il poliziotto lo squadrò, sbalordito nel vedere il suo abbigliamento.

Pitt, infatti, aveva avuto a malapena il tempo di togliersi la metà superiore della muta ancora umida e di farsi prestare da Giordino una giacca - di due taglie più piccola - prima di precipitarsi a bordo dell'aereo di Westler. I calzoni erano quelli, umidi, della muta e ai piedi non aveva né calze né scarpe.

A un tratto, altri due poliziotti gli si affiancarono, l'uno a destra, l'altro a sinistra.

«Perquisitelo, ragazzi. Potrebbe avere una bomba in quella valigetta.»

Pitt, su tutte le furie, gridò: «Non c'è niente qua dentro, solo un pezzo di carta».

I turisti incominciarono a raccogliersi intorno al gruppetto, scattando fotografie e chiedendosi che cosa stesse succedendo.

«È meglio che lo portiamo via di qua», disse il primo poliziotto, strappandogli di mano la valigetta.

Pitt non si era mai sentito così disperato. «Per l'amor di Dio, ascoltatemi...»

Stava per essere sbattuto fuori senza troppi complimenti quando un tale, vestito con un completo blu, si fece largo tra la folla, lanciò una breve occhiata al presunto terrorista e poi si rivolse al poliziotto grande e grosso.

«Qualche problema, agente?» chiese, mettendogli sotto gli occhi un tesserino.

«Un facinoroso che tentava di fare irruzione nell'aula del senato...»

Pitt si divincolò, liberandosi dai due che lo trattenevano, e si spinse accanto al nuovo arrivato. «Se lei è del servizio segreto, mi aiuti!» Senz'accorgersene, stava urlando.

«Calma, amico», disse l'uomo dal completo blu, facendo l'atto di estrarre la pistola dalla fondina appena sotto l'ascella.

«Devo consegnare un documento importantissimo al presidente. Il mio nome è Pitt. Mi sta aspettando. Lei deve fare in modo di condurmi da lui.»

I poliziotti gli piombarono addosso di nuovo, questa volta lanciando fiamme dagli occhi. L'uomo della CIA alzò una mano per invitarli a fermarsi. «Un momento», disse, squadrando Pitt con aria scettica. «Non potrei condurla dal presidente, neanche volendo.»

«Allora mi conduca da Harrison Moon», latrò Pitt, al quale pareva di ammattire per l'assurdità di una simile conclusione.

«Moon la conosce?»

«Sì! E, per il suo bene, le consiglio di credermi.»

Mercier, Oates e Moon, seduti nell'anticamera dell'aula senatoriale, stavano guardando il presidente sullo schermo di un monitor, quando la porta si spalancò e un'orda di agenti del servizio segreto, di poliziotti e di guardie del servizio d'ordine piombò all'interno, come un'onda di maremoto, trascinando Pitt stretto da almeno una dozzina di mani.

«Richiamate i cani!» gridò Pitt. «L'ho trovato!»

Mercier balzò in piedi, a bocca aperta, troppo sbalordito per reagire con prontezza.

«Chi è quest'uomo?» chiese Oates.

«Dio buono, è Pitt», riuscì a balbettare Moon, con voce strozzata.

Pitt, trattenuto per le braccia e con un occhio già nero per un pugno mollato di sorpresa, accennò con la testa alla vecchia valigetta mal ridotta in mano a uno dei poliziotti. «La copia del trattato è là dentro.»

Mentre Mercier garantiva per Pitt e cacciava fuori della stanza poliziotti e uomini del servizio di sicurezza, Oates si mise a leggere il testo del documento. Quand'ebbe finito, parve incerto. «È quello autentico? Voglio dire, non potrebbe trattarsi di un falso?»

Pitt crollò, letteralmente, su una seggiola, tastandosi con cautela il gonfiore sotto l'occhio, svuotato di ogni energia: la lunga missione era giunta all'epilogo. «Si tranquillizzi, signor ministro, quella che ha in mano è merce genuina.»

Mercier, che aveva chiuso la porta, tornò indietro e sfogliò rapidamente una minuta del discorso del presidente. «Mancano circa due minuti prima che arrivi alla dichiarazione conclusiva.»

«Allora glielo dobbiamo recapitare, e in fretta», tagliò corto Moon.

Mercier guardò l'uomo sfinito sulla poltrona. «Credo che l'onore debba toccare al signor Pitt. Rappresenta gli uomini che hanno perso la vita per recuperarlo.»

Pitt si raddrizzò bruscamente. «Io? Non posso presentarmi ai milioni di spettatori televisivi che stanno seguendo la cerimonia all'interno del parlamento canadese e interrompere il discorso del presidente. Non conciato come uno sbronzo di ritorno da una festa mascherata.»

«Non ce n'è bisogno», ribatté Mercier, sorridendo. «Interromperò io il presidente e lo pregherò di venire qui in anticamera. Lei glielo consegnerà qui.»

Tra i velluti rosso cupo delle poltrone, nell'aula del senato, i membri del governo canadese ascoltavano, sorpresi, l'invito del presidente americano a iniziare i negoziati per l'unificazione dei due Paesi. Era la prima volta che sentivano ventilare la proposta. Solo Sarveux non mostrava meraviglia, calmo e con il volto imperscrutabile.

Un mormorio si diffuse nella sala quando il consigliere presidenziale per la sicurezza nazionale salì i gradini del podio e sussurrò qualcosa all'orecchio dell'oratore. Interromperlo era un atto che andava contro la tradizione e il mormorio indignato era più che comprensibile.

«Vi prego di scusarmi per un momento», disse il presidente, rendendo ancora più misterioso l'inaudito procedimento. Si girò e si diresse alla porta che dava sull'anticamera. Quando fu di fronte a Pitt, gli parve di vedere uno scampato all'inferno. Gli andò vicino e lo abbracciò. «Signor Pitt, lei non può immaginare quanto sono felice di rivederla.»

«Mi rincresce di essere arrivato tardi», fu tutto ciò che Pitt riuscì a dire in risposta. Poi si sforzò di abbozzare un sorriso e levò in alto, delicatamente, il preziosissimo foglio. «Ecco il trattato nordamericano.»

Il presidente lo prese e ne lesse, attento, il contenuto. Quando alzò di nuovo gli occhi, Pitt fu sorpreso di vederglieli lustri di lacrime. Poi, in uno dei suoi rari momenti di commozione, il presidente degli Stati Uniti mormorò un «grazie» sommesso e uscì.

Mercier e Moon si sedettero di nuovo davanti allo schermo. Il presidente riprese il suo posto al leggio.

«Chiedo scusa per l'interruzione, ma pochi attimi or sono mi è stato consegnato un documento di grande importanza storica. È il cosiddetto trattato nordamericano...»

Dieci minuti più tardi, concluse solennemente: «... e così, da settantacinque anni a questa parte, in virtù delle clausole del trattato di cui ignoravano l'esistenza, gli Stati Uniti e il Canada, pur vivendo come due nazioni separate, ne costituivano, in realtà, per la legge internazionale, una sola».

Mercier sospirò di sollievo. «Grazie a Dio non li ha offesi affermando che il Canada ci appartiene.»

«Il futuro non ci sarà troppo benevolo se trascureremo l'immenso potenziale che ci è stato offerto dai predecessori che hanno guidato i nostri due Paesi», continuò il presidente. «Non dobbiamo vivere più separati come in passato. Non ci dobbiamo più considerare anglo-canadesi, o angloamericani, o franco-canadesi, o messicano-americani. Ci dobbiamo considerare soltanto americani. Perché è questo ciò che siamo: nordamericani...»

I ministri del governo centrale e i capi dei governi provinciali manifestavano, nell'atteggiamento, un'intera gamma di emozioni contrastanti. Alcuni, immobili, ardevano di collera, altri erano immersi nelle proprie riflessioni, altri ancora annuivano, mostrandosi convinti. Era chiaro che il presidente non agitava il trattato sulle loro teste come un randello. Non avanzava richieste né proferiva minacce. Però non dubitarono neppure un istante che il potere era tutto nelle sue mani.

«... La storia dei nostri due Paesi è strettamente intrecciata, i nostri due popoli sono straordinariamente simili nella mentalità e nel modo di vita. L'unica differenza fondamentale risiede nel punto di vista dal quale guardiamo la tradizione... Le province del Canada, se decidessero di procedere per strade separate, affronterebbero un percorso lungo e arduo, che può terminare soltanto con il reciproco scontro. E questo, per il bene comune, non deve accadere. Di conseguenza, vi lancio un appello affinché vi uniate a me nell'edificare la nazione più potente del mondo... gli Stati Uniti del Canada.»

Il discorso del presidente fu accolto da applausi isolati e piuttosto tiepidi, nell'aula del senato. Gli ascoltatori erano storditi e si chiedevano come andasse accolta la proposta di formare una sola nazione. Ma l'impensabile, se non altro, era stato detto apertamente.

Mercier sospirò e spense il televisore. «Be', è incominciata», commentò piano.

Oates annuì. «Per fortuna il trattato è arrivato qua in tempo. Altrimenti avremmo assistito con molta probabilità a un disastro politico.»

Si girarono tutti insieme, istintivamente, per dire un grazie all'uomo che aveva fatto tanto per meritarsi la loro gratitudine.

Ma Dirk Pitt dormiva come un sasso.

Salto Nel Buio
titlepage.xhtml
Clive Cussler (1981) - Salto Nel Buio_split_000.html
Clive Cussler (1981) - Salto Nel Buio_split_001.html
Clive Cussler (1981) - Salto Nel Buio_split_002.html
Clive Cussler (1981) - Salto Nel Buio_split_003.html
Clive Cussler (1981) - Salto Nel Buio_split_004.html
Clive Cussler (1981) - Salto Nel Buio_split_005.html
Clive Cussler (1981) - Salto Nel Buio_split_006.html
Clive Cussler (1981) - Salto Nel Buio_split_007.html
Clive Cussler (1981) - Salto Nel Buio_split_008.html
Clive Cussler (1981) - Salto Nel Buio_split_009.html
Clive Cussler (1981) - Salto Nel Buio_split_010.html
Clive Cussler (1981) - Salto Nel Buio_split_011.html
Clive Cussler (1981) - Salto Nel Buio_split_012.html
Clive Cussler (1981) - Salto Nel Buio_split_013.html
Clive Cussler (1981) - Salto Nel Buio_split_014.html
Clive Cussler (1981) - Salto Nel Buio_split_015.html
Clive Cussler (1981) - Salto Nel Buio_split_016.html
Clive Cussler (1981) - Salto Nel Buio_split_017.html
Clive Cussler (1981) - Salto Nel Buio_split_018.html
Clive Cussler (1981) - Salto Nel Buio_split_019.html
Clive Cussler (1981) - Salto Nel Buio_split_020.html
Clive Cussler (1981) - Salto Nel Buio_split_021.html
Clive Cussler (1981) - Salto Nel Buio_split_022.html
Clive Cussler (1981) - Salto Nel Buio_split_023.html
Clive Cussler (1981) - Salto Nel Buio_split_024.html
Clive Cussler (1981) - Salto Nel Buio_split_025.html
Clive Cussler (1981) - Salto Nel Buio_split_026.html
Clive Cussler (1981) - Salto Nel Buio_split_027.html
Clive Cussler (1981) - Salto Nel Buio_split_028.html
Clive Cussler (1981) - Salto Nel Buio_split_029.html
Clive Cussler (1981) - Salto Nel Buio_split_030.html
Clive Cussler (1981) - Salto Nel Buio_split_031.html
Clive Cussler (1981) - Salto Nel Buio_split_032.html
Clive Cussler (1981) - Salto Nel Buio_split_033.html
Clive Cussler (1981) - Salto Nel Buio_split_034.html
Clive Cussler (1981) - Salto Nel Buio_split_035.html
Clive Cussler (1981) - Salto Nel Buio_split_036.html
Clive Cussler (1981) - Salto Nel Buio_split_037.html
Clive Cussler (1981) - Salto Nel Buio_split_038.html
Clive Cussler (1981) - Salto Nel Buio_split_039.html
Clive Cussler (1981) - Salto Nel Buio_split_040.html
Clive Cussler (1981) - Salto Nel Buio_split_041.html
Clive Cussler (1981) - Salto Nel Buio_split_042.html
Clive Cussler (1981) - Salto Nel Buio_split_043.html
Clive Cussler (1981) - Salto Nel Buio_split_044.html
Clive Cussler (1981) - Salto Nel Buio_split_045.html
Clive Cussler (1981) - Salto Nel Buio_split_046.html
Clive Cussler (1981) - Salto Nel Buio_split_047.html
Clive Cussler (1981) - Salto Nel Buio_split_048.html
Clive Cussler (1981) - Salto Nel Buio_split_049.html
Clive Cussler (1981) - Salto Nel Buio_split_050.html
Clive Cussler (1981) - Salto Nel Buio_split_051.html
Clive Cussler (1981) - Salto Nel Buio_split_052.html
Clive Cussler (1981) - Salto Nel Buio_split_053.html
Clive Cussler (1981) - Salto Nel Buio_split_054.html
Clive Cussler (1981) - Salto Nel Buio_split_055.html
Clive Cussler (1981) - Salto Nel Buio_split_056.html
Clive Cussler (1981) - Salto Nel Buio_split_057.html
Clive Cussler (1981) - Salto Nel Buio_split_058.html
Clive Cussler (1981) - Salto Nel Buio_split_059.html
Clive Cussler (1981) - Salto Nel Buio_split_060.html
Clive Cussler (1981) - Salto Nel Buio_split_061.html
Clive Cussler (1981) - Salto Nel Buio_split_062.html
Clive Cussler (1981) - Salto Nel Buio_split_063.html
Clive Cussler (1981) - Salto Nel Buio_split_064.html
Clive Cussler (1981) - Salto Nel Buio_split_065.html
Clive Cussler (1981) - Salto Nel Buio_split_066.html
Clive Cussler (1981) - Salto Nel Buio_split_067.html
Clive Cussler (1981) - Salto Nel Buio_split_068.html
Clive Cussler (1981) - Salto Nel Buio_split_069.html
Clive Cussler (1981) - Salto Nel Buio_split_070.html
Clive Cussler (1981) - Salto Nel Buio_split_071.html
Clive Cussler (1981) - Salto Nel Buio_split_072.html
Clive Cussler (1981) - Salto Nel Buio_split_073.html
Clive Cussler (1981) - Salto Nel Buio_split_074.html
Clive Cussler (1981) - Salto Nel Buio_split_075.html
Clive Cussler (1981) - Salto Nel Buio_split_076.html
Clive Cussler (1981) - Salto Nel Buio_split_077.html
Clive Cussler (1981) - Salto Nel Buio_split_078.html
Clive Cussler (1981) - Salto Nel Buio_split_079.html
Clive Cussler (1981) - Salto Nel Buio_split_080.html
Clive Cussler (1981) - Salto Nel Buio_split_081.html
Clive Cussler (1981) - Salto Nel Buio_split_082.html
Clive Cussler (1981) - Salto Nel Buio_split_083.html
Clive Cussler (1981) - Salto Nel Buio_split_084.html
Clive Cussler (1981) - Salto Nel Buio_split_085.html
Clive Cussler (1981) - Salto Nel Buio_split_086.html
Clive Cussler (1981) - Salto Nel Buio_split_087.html
Clive Cussler (1981) - Salto Nel Buio_split_088.html
Clive Cussler (1981) - Salto Nel Buio_split_089.html
Clive Cussler (1981) - Salto Nel Buio_split_090.html
Clive Cussler (1981) - Salto Nel Buio_split_091.html
Clive Cussler (1981) - Salto Nel Buio_split_092.html
Clive Cussler (1981) - Salto Nel Buio_split_093.html
Clive Cussler (1981) - Salto Nel Buio_split_094.html
Clive Cussler (1981) - Salto Nel Buio_split_095.html
Clive Cussler (1981) - Salto Nel Buio_split_096.html